Rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale in materia di contratti stipulati tra professionista e consumatore: un principio che si consolida nel tempo, in Giur. It, 2010, I, p. 1663
TRIBUNALE MILANO, 10 novembre 2009 – Bondì Giudice – Sky Italia s.r.l. (avv. Brigo) – Nassar Ashraf.
Competenza e giurisdizione civile – Contratto di somministrazione – Pagamento penale – Contratto stipulato da consumatore – Foro esclusivo speciale del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo – Incompetenza territoriale – Rilevabilità ex officio -Ammissibilità (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u).
Il giudice adito deve rilevare ex officio la propria incompetenza territoriale qualora al contratto, cioè al titolo dedotto in giudizio, risulti applicabile la disciplina prevista per i contratti stipulati tra professionista e consumatore e quindi l’art. 1469 bis, comma 3, n. 19 c.c. (ora art. 33, comma 2, lett. u), D.Lgs. n. 206/2005, c.d. codice del consumo), che prevede la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo trattandosi di competenza inderogabile, salvo specifica trattativa individuale (1).
Omissis. – Premesso che la Sky Italia Srl ha reclamato il pagamento della somma di euro 6.960,00 a titolo di penale prevista dall’art. 5 del contratto di fornitura di servizi di televisione satellitare ad uso residenziale, erogati a parte convenuta, per l’affermata violazione, da parte di questa, delle modalità di fruizione del servizio medesimo; dato atto che l’art. 5, lett. a) del suddetto contratto impone all’abbonato di “usufruire del servizio esclusivamente presso l’indirizzo indicato nella richiesta di abbonamento, tramite l’uso di un solo apparecchio televisivo per ciascuna smart card e nell’ambito familiare e domestico” con esplicito divieto di “diffondere il segnale od i programmi decodifìcati, oggetto del servizio, in ambienti e locali pubblici o aperti al pubblico, o comunque in luoghi diversi dall’ambito familiare e domestico” etc.
osservato che, in base al tale prospettazione di parte attrice, viene allegata la qualità soggettiva dei litiganti rispettivamente in termini di “professionista” e di “consumatore”, in ordine alla fornitura dei servizi predetti, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1469 bis e segg. c.c., come ora sostituiti dal D. Lgs. 206/2005 attenendo ovviamente al merito l’affermato abuso della carta magnetica affidata al privato consumatore con suo utilizzo in locali di proprietà di una società, o comunque di soggetto terzo (assunto che si chiede di – ed è tutto da – dimostrare in giudizio) nell’ambito di un contratto che si dice violato proprio perché stipulato per prestazioni da rendere al di fuori di esigenze professionali od imprenditoriali dell’abbonato; ritenuta preliminarmente necessaria la verifica della competenza territoriale del giudice adito. – Omissis.
Dato atto che le SSUU con ord. n. 14669/2003 hanno statuito che l’art. 1469 bis, terzo comma, numero 19, cod. civ. “si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuati sulla base del funzionamento dei vari criteri stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto” (orientamento ormai costantemente seguito dal S.C.); considerato quindi che normativa introdotta dal dlgs 206/2005 (che sotto questo aspetto ha lasciato immutata la precedente disciplina) ha prescritto e confermato la sussistenza di un vero e proprio foro esclusivo speciale, derogabile dalle parti solo con trattativa individuale;
dato atto che fino a tempi recenti questa sezione dell’adito tribunale riteneva, nelle controversie come la presente, applicabile l’art. 38.2 in relazione all’art. 28 cpc e, di conseguenza, non rilevabile d’ufficio l’incompetenza territoriale, considerando che tale conclusione avrebbe postulato l’espressa inderogabilità del c.d. foro del consumatore, laddove, al contrario, l’art. 1469 ter c.c., comma quarto (ora comma 4 del D. Lgs. 205/2005: “non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale”) stabilisce, come or ora accennato, che, seppure con particolari modalità, anch’esse previste espressamente dalla legge, la competenza del foro della località di residenza o domicilio elettivo del consumatore, pure esclusiva, può essere derogata;
ritenuta l’opportunità di discostarsi da tale opzione interpretativa anche alla luce degli sviluppi della giurisprudenza di legittimità;
richiamata a questo proposito la sent. 4208/2007 con la quale la S.C. nel ribadire la presunzione di vessatorietà ex art. 1469 bis cod. civ. “della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro competente coincida con uno dei fori legali di cui agli articoli 18 e 20 cod. proc. civ.”. – Omissis;
osservato che in motivazione la S.C. ha esplicitamente fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ed in particolare alla sentenza 21-6-2000 emessa nelle cause riunite C-240/ 9 e C-244/98 Océano Gru po Editoria SA contro Rociò Marciano Quintero SA ed aa.;
rilevato che dal canto suo la Corte comunitaria in quella sede non ha mancato di sottolineare che “la tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, comporta che il giudice nazionale, nell’esaminare l’ammissibilità di un’istanza propostagli, possa valutare d’ufficio l’illiceità di una clausola del contratto di cui è causa” e che “nell’applicare le disposizioni di diritto nazionale precedenti o successive a tale direttiva, il giudice nazionale deve interpretare quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della stessa”, onde “l’obbligo di interpretazione conforme impone al giudice nazionale di preferire l’interpretazione che gli consenta di declinare d’ufficio la competenza attribuitagli da una clausola abusiva”;
dato atto che, sempre secondo la Corte di Giustizia, la sostanza dell’abusività sta nell’imporre “al consumatore l’obbligo di assoggettarsi alla competenza esclusiva di un tribunale che può essere lontano dal suo domicilio il che può rendergli più difficoltosa la comparizione in giudizio” e, nelle “controversie di valore limitato” può esporre al rischio di affrontare spese processuali, le quali a loro volta “potrebbero risultare dissuasive e indurlo a rinunziare a qualsiasi azione o difesa” con “significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto” posto che l’opposta soluzione permetterebbe invece “al professionista di concentrare tutto il contenzioso attinente la sua attività professionale presso il tribunale nel cui foro si trova la sede di tale attività, il che agevola la sua comparizione in giudizio e, nel contempo, la rende meno onerosa”;
ritenuto per tutto ciò che:
da un lato, appare contrario a logica ed ai principi sinora sintetizzati interpretare l’art. 33.2 lett. “u” cit. nel senso di limitare la regola dell’iniziativa officiosa alla sola declaratoria della nullità della clausola istitutiva di una competenza territoriale abusiva. – Omissis.
dall’altro lato, una volta assodato, dopo la summenzionata pronuncia a SSUU del 2003, che quello del consumatore costituisce un vero e proprio foro esclusivo speciale. – Omissis;
infine, se questa è la disciplina applicabile e se questi sono i canoni ermeneutici da seguire, perde ormai di vero interesse il tema del collegamento tra la rilevabilità d’ufficio e la natura inderogabile della competenza territoriale (artt. 38.2/28 cpc) nel senso che si potrà indifferentemente ragionare in termini di necessaria equiparazione tra competenza inderogabile e competenza derogabile solo con comprovata trattativa individuale. – Omissis;
dato atto che parte convenuta risulta, dal contratto versato in atti, risiedere a Spinone al Lago (BG). – Omissis;
il Giudice dichiara l’incompetenza del tribunale adito e la competenza del tribunale di Bergamo; assegna per la riassunzione innanzi a quest’ultimo il termine di sei mesi da oggi. Nulla per le spese. – Omissis
(1) Rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale in materia di contratti stipulati tra professionista e consumatore: un principio che si consolida nel tempo
La sentenza che si annota propone una lettura sistematica e coerente delle norme processuali afferenti la competenza territoriale in materia di contratti stipulati tra professionista e consumatore ed è apprezzabile, poiché l’analisi proposta è basata non solo sulle norme e sulla giurisprudenza nazionali, ma anche sulle norme e sulla giurisprudenza comunitarie di cui è stata fatta applicazione in un’ottica anche sovranazionale che non può che apprezzarsi.
Nella fattispecie in esame, il Tribunale di Milano è stato chiamato a pronunciarsi su una controversia scaturente da un asserito inadempimento di un contratto stipulato tra professionista e consumatore e promossa dal primo nei confronti del secondo.
Il Tribunale, rilevato che sul punto non poteva esservi alcuna contestazione atteso che la qualificazione giuridica del contratto, nei termini indicati (professionista- consumatore), emergeva anche dalla prospettazione attorea, ha dichiarato ex officio, nella contumacia del convenuto, la propria incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Bergamo, nella cui circoscrizione il convenuto risultava risiedere, trattandosi di un’ipotesi di «foro esclusivo speciale» [1].
Il giudicante è approdato alla conclusione delineata in sentenza dopo aver richiamato ed esaminato, nella parte motiva, non solo l’art. 33, comma 2, lett. u), D.Lgs. n. 206/2005 e la Dir. 93/13/CEE [2] , ma anche i principi enunciati nell’ordinanza della Corte di cassazione a Sezioni unite n. 14669/2003 [3] (che, come è noto, ha composto il contrasto giurisprudenziale sulla portata e sull’applicabilità ratione temporis della presunzione di vessatorietà di cui al n. 19 dell’art. 1469 bis c.c., statuendo che tale disposizione «si presta ad essere interpretata nel senso per cui essa presenta il contenuto logico di una disposizione che, da un lato, configura il pertinente criterio di collegamento di competenza territoriale, dall’altro, ne esclude in linea di principio la deroga, ma, in quanto non la esclude in modo assoluto, indica la condizione alla quale può essere ammessa: ed a questo fine richiede al professionista di provare che, nel caso concreto, la deroga non determina squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto» e che «ha natura di norma processuale e si applica nelle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, anche se relative a controversie derivanti da contratti stipulati prima») e nella sentenza della medesima Corte n. 4208/2007 [4] , nonché nella sentenza n. 240/2000 della Corte di giustizia delle comunità europee [5] , offrendo così un’ampia panoramica della giurisprudenza in materia.
Anche solo sulla base dei principi enucleati dalle testé citate pronunce, senza cioè necessità alcuna di riferirsi alle altre numerose e conformi pronunce in materia [6], dovrebbe considerarsi principio consolidato nel nostro ordinamento processuale quello secondo cui il giudice adito, in materia di contratto stipulato tra professionista e consumatore, deve preliminarmente chiedersi se la parte che ha invocato la tutela giudiziale lo abbia fatto nel rispetto dell’art. 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c., come ora sostituito dall’art. 33, comma 2, ett. u), D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo).
È solo con tale disamina preliminare che il giudice subito assicura lo svolgersi di un processo nel rispetto del principio di difesa, che costituisce e deve costituire uno dei principi cardine del nostro ordinamento processuale
In ragione di tale rilevanza, il principio di difesa, sotto questo profilo, deve trovare tutela non solo nell’ambito di un giudizio a cognizione piena in cui il convenuto ha comunque la facoltà, anche a prescindere dal potere officioso del giudice, di formulare tempestivamente la relativa eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito dalla controparte, ma anche nell’ambito di ogni altro giudizio in cui il giudice sia chiamato ad esaminare una fattispecie in cui il titolo posto a fondamento della domanda sia costituito da un contratto stipulato tra consumatore e professionista. Ci riferiamo, in particolare, al procedimento monitorio ove, come noto, il contraddittorio tra le parti è posticipato ed eventuale, attesa la particolare struttura del procedimento, ed il decreto ingiuntivo è emesso inaudita altera parte.
A tal proposito merita di essere citata, in quanto lungimirante nella materia di cui stiamo discettando ed ancorata ad un’importante sentenza della Corte costituzionale in tema di rilevabilità ex officio dell’incompetenza territoriale da cui non può prescindersi in questa analisi, un precedente decreto del Tribunale di Milano [7] , in cui il giudice adito rigettava un ricorso per decreto ingiuntivo, rilevando d’ufficio la propria incompetenza per territorio in quanto, alla fattispecie, doveva applicarsi la disciplina a tutela del consumatore, la quale prevede la competenza territoriale esclusiva ed inderogabile del giudice del luogo in cui il consumatore ingiunto ha la residenza o il domicilio elettivo e in considerazione del tenore della sentenza, interpretativa di rigetto, della Corte costituzionale 3 novembre 2005, n. 410 [8] di cui dicevamo poc’anzi.
Con questa sentenza, la Corte costituzionale, mostrandosi sensibile alle esigenze di tutela dell’equilibrio difensivo tra le parti in qualsivoglia fase processuale, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale del1’ art. 637 c.p.c., con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui non avrebbe previsto la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale derogabile nella fase senza contraddittorio del procedimento per ingiunzione, «dovendosi ritenere [invece] che il giudice abbia detta potestà di rilevazione» [9] .
Anche alla luce di tale pronuncia della Corte costituzionale, la sentenza che si annota spicca quindi per 1a sua coerenza e per la sua capacità di dare piena applicazione al principio di difesa, che appare monco senza un ausilio ed un intervento da parte dell’organo giudicante nel senso di preliminarmente esaminare la sussistenza della propria competenza territoriale quando sia chiamato a pronunciarsi in relazione ad un’ipotesi contrattuale a cui debba applicarsi la normativa dettata a tutela del consumatore.
Nella fattispecie oggetto della sentenza in commento, poi, la questione della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale del giudice adito appariva ancor più delicata, poiché il convenuto, come si è accennato, non si era costituito in giudizio e quindi era stato dichiarato contumace [10].
È stato infatti correttamente rilevato, ancorché in merito al procedimento monitorio (ma il principio mi pare debba valere in ogni ambito del nostro ordinamento processuale civile e sopratutto in un processo contumaciale), che «il sistema della contestabilità solo da parte del convenuto nella prima difesa e dell’irrilevabilità ex officio dell’incompetenza, in funzione della formazione di un accordo sulla competenza territoriale derogabile, può essere fondatamente predicato solo laddove il convenuto abbia la concreta possibilità di contestare la “scelta” del giudice ovvero di aderire all’indicazione factis operata dall’attore; ma, allorquando tale possibilità sia negata dalla stessa, particolare struttura del contraddittorio che esclude la convocazione del convenuto prima dell’emanazione del provvedimento (se del caso emesso in forma esecutiva), non sembra illogico ritenere che il giudice adito, che è in primo luogo il giudice della propria competenza, possa accertare, tra le condizioni del provvedimento favorevole, la sussistenza della propria competenza, anche prescindendo dalle regole di rilevabilità che l’art. 3 8 c.p.c. pone con riferimento al processo nel quale il contraddittorio è preventivo e non eventuale e differito » [11] .
Salvatore Satta osservava, al riguardo, che «si legge spesso nei testi che, essendo la competenza territoriale derogabile e il suo difetto non rilevabile ex officio il giudice al quale sia stato richiesto il decreto non possa rifiutarlo per motivi di incompetenza. Siamo dell’avviso che la soluzione sia assolutamente sbagliata, perché nel procedimento sommario la competenza agisce da condizione di ammissibilità e pertanto il Giudice non ha limiti nei poteri di disposizione delle parti» [12].
Come dicevamo, delineare il diritto-dovere in capo al giudice adito di rilevare ex officio in chiave costituzionale il proprio difetto di competenza territoriale amplia anche la portata e l’applicazione dei principi, appunto di rango costituzionale, dell’inviolabilità del diritto di difesa «in ogni stato e grado del procedimento» (art. 24, comma 2, Cost.) e del contraddittorio tra le parti (art. 111 Cost.), che costituiscono, a loro volta, corollario del principio di eguaglianza [13].
È mercé una lettura come quella offerta dal Tribunale di Milano con la sentenza in commento, coerente con la normativa nazionale e comunitaria e nel solco della giurisprudenza nazionale di legittimità e di merito nonché comunitaria, che si evita, ad una delle parti, un esercizio più gravoso del diritto di difesa e si permette così di addivenire ad un più equo bilanciamento del rapporto tra le parti processuali: il che, in ultima analisi, vuol dire accordare maggiore rispetto alle norme della Costituzione sopra indicate.
Aggiungasi che un’interpretazione rigorosa delle norme a tutela del consumatore, come quella proposta dal Tribunale di Milano nella sentenza in commento, dovrebbe costringere ed indurre l’attore ad adire correttamente il giudice competente al fine di evitare un provvedimento di rigetto e ciò non può che portare anche ad una più concreta applicazione, non solo dell’art. 24 Cost., ma anche dell’art. 25 Cost., di cui la Corte ha fatto applicazione anche nella sentenza 8 febbraio 2006, n. 41 [14], rilevando che «è costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 24 e 25 Cost., il combinato disposto degli artt. 38 e 102 c.p.c., nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti» [15] .
La Corte di cassazione, peraltro, da tempo si è mostrata attenta e sensibile alla normativa a tutela del consumatore, delineando i profili della sua applicabilità e via via configurando le sfumature di tale normativa che devono portare ad una corretta ed uniforme applicazione della stessa da parte dei giudici di merito.
Così la Corte ha delineato i confini della figura del consumatore, precisando che deve essere considerato consumatore solo «la persona fisica che, pur svolgendo attività imprenditoriale o professionale, conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività» [16], mentre il professionista è la persona fisica o giuridica, sia pubblica che privata, che «utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale » [17]
Gli sforzi della giurisprudenza più attenta si sono orientati anche nel senso di definire le ipotesi di esclusione dell’applicabilità della normativa a tutela del consumatore quando una delle parti processuali non riveste tale qualità, poiché «l’acquisizione del bene o del servizio è finalizzata allo svolgimento di un’attività di impresa, a prescindere dall’eventuale utilizzazione diretta del bene o del servizio da parte dell’ acquirente » [18]
Allo stesso modo, secondo la giurisprudenza di legittimità, il garante per fideiussione non può invocare la disciplina a tutela del consumatore ed eccepire, in forza della stessa, l’incompetenza del giudice adito quando il debitore principale, per cui è stata prestata la garanzia, sia un imprenditore professionale [19] , atteso che «la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini della individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore», mentre è stato ritenuto che il condominio, in relazione ai contratti stipulati dal suo amministratore, assuma la qualifica di consumatore [20] e possa quindi beneficiare della tutela che tale qualifica comporta.
Di recente la Corte di cassazione, con un’ordinanza di notevole interesse per la sua profonda analisi anche del tessuto sociale ed imprenditoriale, ha escluso che rivestisse la qualità di consumatore, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1469 bis c.p.c., «la parte contrattuale che abbia stipulato il contratto per pubblicizzare la propria attività commerciale sulle pagine degli elenchi telefonici confezionati dal commissionario»[21] .
Anche la giurisprudenza comunitaria si è sforzata di delineare l’ambito di applicazione della disciplina a tutela del consumatore affinché i giudici dei Paesi membri diano una corretta ed uniforme applicazione alla Dir. 93/13/CEE in materia.
Così, lorientamento espresso dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e richiamato dalla sentenza in commento è stato ribadito dalla medesima Corte di giustizia anche recentemente, in una pronuncia alquanto interessante poiché nella stessa si sancisce il principio secondo cui «il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. Se esso considera abusiva una siffatta clausola non la applica tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Tale obbligo incombe al giudice nazionale anche in sede di verifica della propria competenza territoriale»[22].
La Corte di giustizia era stata chiamata a pronunciarsi in merito all’interpretazione della Dir. 93/13/CEE nell’ambito di una controversia tra una società ed una cliente in relazione all’esecuzione di un contratto di abbonamento di telefonia mobile stipulato tra dette parti e concluso tramite sottoscrizione di un formulario che includeva le condizioni contrattuali generali e che costituiva parte inscindibile del contratto.
Tra tali condizioni era previsto, quale Foro competente per la definizione delle controversie derivanti dal contratto o ad esso connesse, quello ove la società aveva la propria sede, ma tale clausola attributiva di competenza non risultava essere stata negoziata tra le parti.
La Corte ha precisato, nella parte motiva della sentenza che qui interessa, che «il giudice adito ha dunque il compito di garantire l’effetto utile della tutela cui mirano le disposizioni della direttiva. Di conseguenza, il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario nell’ambito di cui trattasi non si limita ad una semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, incluso il caso in cui deve pronunciarsi sulla propria competenza territoriale».
In un tale contesto nazionale e comunitario pare che perda di pregnanza, come rilevato anche dal giudice estensore della sentenza in commento, la querelle, relativa alla sussistenza o meno in capo al giudice, di un potere di controllo ex officio in punto competenza territoriale anche nelle ipotesi di incompetenza territoriale derogabile che, secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, poteva essere eccepita solo dalle parti ai sensi dell’art. 38, comma 2, c.p.c.
In base a quanto sopra delineato, in materia di contratti stipulati tra consumatore e professionista, deve ormai ravvisarsi un parallelismo tra competenza inderogabile e competenza derogabile in settori, per così dire, “sensibili”, in cui, cioè, vi è una presunzione di vessatorietà di una clausola derogativa della competenza, la quale può essere superata solo dimostrando che la sua sottoscrizione ha costituito l’esito di una consapevole trattativa al riguardo e non la supina accettazione dell’altrui volontà, imposta con le condizioni generali di contratto [23] e a cui è associato, a tal fine, un potere officioso del giudice di rilevare il proprio difetto di competenza in mancanza di prova sulla trattativa individuale tra le parti sul punto.
Tale onere probatorio grava sulla parte che ha interesse ad avvalersi della clausola derogatoria della competenza, secondo i principi generali in tema di onere della prova.
IDA USUELLI
1 Interessante, in punto di rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale, Trib. Nocera Inferiore, 11 novembre 2003, in Gius, 2004, 265 ove il giudice, in un procedimento monitorio, non ha messo il decreto ingiuntivo, rilevando d’ufficio la propria incompetenza territoriale ed avendo l’istante radicato il procedimento in Foro diverso dal c.d. “Foro del consumatore” ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. u), D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206. Sulla figura del consumatore si rimanda a MACARIO, Dalla tutela del contraente debole alla nozione giuridica di consumatore nella giurisprudenza comune, europea e costituzionale, in Obbligazioni e Contratti, 2006, 872. V. anche Trib. Milano, 12 dicembre 2006, in Giur. It., 2007, 2007, con nota di UsuELLI.
2 Ricordiamo che la Comunità europea è intervenuta in tema di contratti stipulati con i consumatori con la Dir. 93/13/CEE, pubblicata in G. U. C.E. 21 aprile 1993, n. L 95, entrata in vigore il 16 aprile 1993.
3 Cass., 1° ottobre 2003, n. 14669, in Corriere Giur., 2003, 11, 1427, con nota di CONTI.
4 Cass., 23 febbraio 2007, n. 4208, in Contratti, 2007, 12, 1071, con nota di Rocco DI ToRREPADULA.
5 Corte giust. CE, 27 giugno 2000, n. 240, in Foro It., 2000, IV, 413; in Giornale dir. amm., 2000, 10, 1017, con nota di CHITI; e in Corriere Giur., 2000, 12, 1658. Con tale sentenza, per la prima volta i giudici di Lussemburgo si pronunciano sulla interpretazione della Dir. 93/13/CEE a seguito di cinque ordinanze rese, nell’ambito di controversie pressoché identiche, dal medesimo ufficio giudiziario avente sede nella principale citta catalana.
6 Sulla competenza per territorio esclusiva nella disciplina a tutela del consumatore v. Cass., 13 giugno 2006, n. 13642; Id., 24 aprile 2006, n. 9532; Id., 5 agosto 2005, n. 16574; Id., 29 settembre 2004, n. 19594 e Id., Sez. un., 1° ottobre 2003, n. 14669. in Foro It., 2003, I, 3298, con nota di PALMIERI. In dottrina DALMOTTO, Un foro esclusivo per il consumatore?, in Giur. It., 1997, IV, 161.
7 Trib. Milano, 12 dicembre 2006, cit.
8 La si legge in Giur. It., 2006, 1219, con note di CONTE. Valenza costituzionale dei criteri della competenza e procedimento monitorio, e di TOTA, La (supposta) irrilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale «semplice» nel rito monitorio ancora al vaglio della Consulta.
9 è doveroso sul punto ricordare che con sentenza 28 novembre 1986, n. 251, che si legge in Foro It., 1986, I, 2969, la Corte costituzionale dichiarava infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 3, c.p.c. in riferimento agli artt. 24, comma 2, e 25, comma 1, Cost. nella parte in cui preclude al giudice di rilevare d’ufficio la propria incompetenza per territorio nel procedimento in contumacia del convenuto. precisando che «non è lecito chiosare che la nozione di giudice naturale precostituito per legge nulla ha da vedere con la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio». Con successiva ordinanza 25 giugno 1996, n. 218, che si legge in Foro It., 1997, I, 1020, con nota di ROMBOLI, la Corte costituzionale rilevava che «gli inconvenienti fattuali e gli abusi applicativi che prospetta l’autorità rimettente, non incidono, proprio in quanto tali, sulla legittimità della norma denunciata e trovano peraltro sanzione e rimedio all’interno della stessa disciplina processuale potendo le “difficoltà”, in tesi, artatamente create dal creditore al debitore ingiunto, essere valutate dal giudice dell’opposizione (innanzi al quale va eccepita l’incompetenza) ai fini della liquidazione delle spese» anche per la lite temeraria. A tale ultima pronuncia sono seguite due ordinanze del medesimo tenore: Corte cost., 26 luglio 1996, n. 320, in Giur. Cost., 1996, 26 20, e Id., 16 dicembre 1996, n. 394, in Giur. It., 1996, 3635. Non è possibile in questa sede ripercorrere le fasi della questione e ivi basti citare che, secondo l’orientamento prevalente – almeno fino alla pronuncia della Corte costituzionale n. 410/2005 -, il giudice della fase monitoria deve rilevare ex officio la propria incompetenza – rigettando quindi il ricorso – allorquando ravvisi un caso di competenza inderogabile ex art. 28 c.p.c. o, secondo la giurisprudenza prevalente, ravvisi un caso di competenza per territorio esclusiva inderogabile ai sensi dell’art. 3 3, comma 2, lett. u), D.Lgs. n. 206/2005, quale quello considerato nel provvedimento in commento. Tale potere di controllo ex officio non era invece riconosciuto al giudice investito della fase monitoria di fronte ad un’ipotesi di incompetenza territoriale derogabile, sul rilievo che, ai sensi dell’ art. 38, comma 2, c.p.c., tale incompetenza poteva essere eccepita solo dal convenuto con l’atto di opposizione ex art. 645 c.p.c. V. in dottrina GARBAGNATI, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991, 277; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 48; D’ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, II, Torino, 1957, 246; in giurisprudenza, Cass., 6 febbraio 1969, n. 400, in Giur.It., 1969, I, 1, 1348; Id., 17 giugno 1974, n. 1786.
10 La giurisprudenza prevalente non ritiene che la contumacia comporti ammissione dell’esistenza dei fatti dedotti dall’attore a fondamento della domanda; così, ex multis, Cass., 6 febbraio 1998, n. 1293; Id., 9 marzo 1990, n. 1898, in Giur. It., 1990, 259. Tale principio non trovava però applicazione nel processo societario ove, ai sensi dell’art. 13, comma 2, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 e successive modificazioni, i fatti affermati dall’attore che avesse formulato istanza di fissazione dell’udienza si intendevano non contestati e idonei a fondare la decisione in caso di mancata o tardiva costituzione del convenuto. Tale disposizione non è tuttavia sfuggita alle critiche di autorevole dottrina e sul punto si rimanda a DALMOTTO, Il procedimento ordinario, sommario e cautelare nel nuovo processo societario, finanziario e bancario, in Il nuovo diritto societario, Commentario a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti, Bologna, 2004, 2844. La norma, peraltro, come è noto, fu dichiarata incostituzionale, sebbene per eccesso di delega, da Corte cost., 12 ottobre 2007, n. 340, in Giur. It., 2008, 1, 153 e in Corriere Giur., 2007, 12, 1741.
11 CAPPONI, Procedimento monitorio e competenza territoriale semplice, in Corriere Giur., 1996, 101.
12 SATTA, Commentario al codice di procedura civile, IV, 1, Milano, 1968, 49.
13 PROTO PISANI, Principio del contraddittorio, in Comm. C.P.C. a cura di Allorio, I, 2, Torino, 1973, 1086; MARTINETIO, voce “Contraddittorio (principio del)” , in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1964, 459.
14 La si legge in Foro It. , 2006, 4, 1, 973, con nota di COSTANTINO.
15 A ben guardare, l’esistenza di uno stretto collegamento tra i principi costituzionali e norme regolatrici della competenza sembra essere dimostrato da alcune precedenti sentenze della Corte costituzionale la cui portata oggi, dopo la citata sentenza n. 410/2005, potrebbe essere notevolmente rivalutata. In proposito v. Corte cost., 24 gennaio 1969, n. 4, in Giur. It., 1969, I, 1, 385; Id., 7 ottobre 1993, n. 369, in Cons. Stato, 1993, II, 1659; Id., 9 marzo 1990, n. 117, in Foro It., 1990, I, 2431; per un più approfondito esame sugli interventi della Corte costituzionale in materia di norme sulla competenza si rinvia alla nota di CONTE, cit.
16 La descrizione del consumatore qui offerta dalla suprema Corte all’interno dello stesso codice del consumo non è l’unica che si rinviene. Sul punto si richiama a CHINÈ, Uso ed abuso della nozione di consumatore nel codice del consumo, in Corr. del Merito, 2006, 431.
17 Cass., 9 novembre 2006, n. 23892, in Contratti, 2007, 6, 576 e in Notariato, 2007, 2, 142; conformi Id., 8 giugno 2007, n. 13377, in Contratti, 2007, 10, 898; Id., 10 luglio 2008, n. 18863, in Danno e Resp., 2009, 4, 385, con nota di BATOLINI, e ibid., 10, 944, con nota di GARATTI.
18 Cass., 23 febbraio 2007, n. 4208, in Foro It., 2007, I, 2439.
19 Cass., 11 gennaio 2001, n. 314, in Giust. Civ., 2001, I, 2151, con nota di DI MARZIO, e Id., 13 maggio 2005, n. 10107. Contra Trib. Palermo, 13 dicembre 2005, in Corr. del Merito, 2006, 2006, 317, con nota di CONTI.
20 Cass., 24 luglio 2001, n. 10086.
21 Cass., 6 giugno 2009, n. 13033.
22 Corte giust. CE, 4 giugno 2009, n. 243 , in Obbligazioni e Contratti, 2009, 8-9, 755, con nota di RossOLILLO.
23 Così Cass., 23 febbraio 2007, n. 4208, cit.